Dislessia: quali tutele esistono e cosa fare

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Come abbiamo già avuto modo di vedere nell’articolo “La dislessia: riconoscimento, diagnosi e certificazione”, con il termine Disturbi Specifici dell’ Apprendimento (DSA) si identificano quelle problematiche specifiche dell’età evolutiva, che emergono soprattutto in ambiente scolastico, come per esempio la dislessia.

Interessano bambini intelligenti e sani, ma che, nel caso appunto della dislessia, non riescono a padroneggiare con sufficiente sicurezza i processi di lettura.

Dislessia: quale tutela esiste?

Dall’entrata in vigore della Legge 170/2010 e del DM 5669 del 12/07/2011, la scuola e la comunità in genere sembrano sempre più sensibilizzati al tema dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento,  problematiche specifiche dell’età evolutiva, che emergono soprattutto in ambiente scolastico.

Questa legge ha il merito di aver definito scientificamente determinate caratteristiche. Non solo: con questa legge è stato messo nero su bianco che i DSA consentono il pieno raggiungimento degli obiettivi scolastici, trattandosi di caratteristiche che non ledono in alcun modo le capacità intellettive ma prevedono semplicemente modalità differenti di apprendimento. Queste differenti modalità di apprendimento, inoltre, sono lecite e la scuola deve prenderne atto e renderle concrete, stabilendo modalità di insegnamento e di verifica degli apprendimenti in parte differenti di quelli finora in uso.

Si tratta di un passo importante, in quanto di formalizza che i disturbi specifici dell’apprendimento non devono precludere ai bambini la possibilità di imparare e di formarsi. E, soprattutto, la legge costituisce una tutela per il “diritto allo studio” dei bambini con dislessia.

Dislessia: cosa fare

Come abbiamo ripetuto molte volte, i bambini con disturbi specifici dell’apprendimento hanno un’intelligenza ed una fisicità nella norma, perciò spesso tali difficoltà vengono erroneamente attribuite ad altri fattori, come negligenza, scarso impegno, scarso interesse o mancanza di volontà.

Scambiare erroneamente un DSA come la dislessia per scarso impegno, scarso interesse o mancanza di volontà può avere conseguenze anche molto spiacevoli, e può causare depressione, abbassamento dell’autostima, comportamenti oppositivi, abbandono scolastico o scelte di basso profilo rispetto alle proprie potenzialità.

Questi bambini, infatti, hanno solo bisogno di più tempo per imparare e, per questo, impiegano più tempo per raggiungere gli obiettivi scolastici standardizzati, ma questo non deve in alcun modo precludere loro la possibilità di imparare.

Cosa deve fare la scuola

Per evitare questi gravi malintesi, l’art. 3 comma 3 della legge 170/2000 stabilisce che “è compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia, attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei ad individuare i casi sospetti di DSA degli studenti”.

La scuola, inoltre, deve mettere a disposizione i cosiddetti strumenti compensativi, ossia l’insieme degli strumenti che compensano la difficoltà di eseguire i compiti in modo automatico e che aiutano i bambini e le persone dislessiche ad operare agevolmente e quindi a raggiungere un elevato grado di autonomia nello studio e nell’apprendimento.

Di base, si tratta principalmente di prodotti multimediali che permettono ai soggetti di apprendere, di informarsi e anche di comunicare senza la presenza di un mediatore, sviluppando quindi una certa autonomia che si rivela importante se non fondamentale nel percorso di guarigione.

Cosa devono fare i genitori

Un bambino delle elementari che fa fatica a imparare a scrivere, dunque, non è per forza un bambino svogliato. Così come un ragazzino delle medie che va male a scuola non è necessariamente un ragazzino che non si applica. In entrambi i casi, come abbiamo visto, potrebbe trattarsi di una difficoltà legata a un Disturbo Specifico dell’Apprendimento.

La valutazione in un Centro accreditato ad emettere diagnosi, pubblico o privato, è il primo importante passo che i genitori dovrebbero intraprendere qualora il bambino manifesti tali difficoltà.

Nonostante la dislessia non sia una malattia, ci sono ancora tanti genitori che dopo la diagnosi si lasciano andare ad ansie inutili, con proiezioni pessimistiche relativamente al futuro scolastico e professionale del proprio figlio.

Con le norme attualmente vigenti e con l’attenzione didattica ad hoc i bambini dislessici possono portare avanti senza problemi il percorso scolastico, durante il quale è utile che il genitore si informi sugli ausili che possono rendere più facile il processo di apprendimento al proprio figlio.

Un altro consiglio per affrontare il periodo successivo alla diagnosi di dislessia riguarda il focus sulla lettura ad alta voce da parte di un adulto, un’abitudine che è bene instaurare in famiglia, in quanto in questo modo il bambino apprende i concetti con maggiore facilità rispetto a quando si trova a leggerli da solo.

Cosa non fare

Fare paragoni con la situazione di altri, invitare il bambino a leggere ripetutamente ad alta voce, correggere tutti gli errori di un testo scritto sono atteggiamenti da escludere categoricamente quando si ha a che fare con un bambino dislessico, soprattutto nelle prime fasi successive alla diagnosi.

Anche se la diagnosi di dislessia può provocare stress e frustrazione nei genitori è fondamentale mettere al bando frasi come “Non ti applichi abbastanza!” o “Devi metterci più buona volontà e impegno”.

Soprattutto se il bambino è ai primi anni del percorso scolastico il rischio è quello di scoraggiarlo e d’impedirgli un normale sviluppo della fiducia nelle sue capacità, influenzando effettivamente il suo equilibrio e il suo approccio all’ambiente scolastico in generale.

Dislessia: dove rivolgersi per una certificazione

La certificazione DSA è una diagnosi clinica con valore legale e può essere emessa da professionisti quali psicologi e neuropsichiatri infantili. Il protocollo prevede la valutazione del livello intellettivo e la somministrazione di una serie standardizzata di test neuropsicologici, che servono ad indagare non solo il livello della lettura, scrittura e calcolo, ma anche altre funzioni fondamentali (come la memoria, l’attenzione e la percezione).

Per approfondire: Dislessia, come ottenere una certificazione

La valutazione scritta viene consegnata ai genitori, fornendo informazioni chiare e precise sugli eventuali disturbi rilevati, sul percorso riabilitativo consigliato e rispondendo ad ogni eventuale domanda.

Essa comprenderà anche le indicazioni sui corretti metodi didattici ed educativi da applicare caso per caso, come l’utilizzo di strumenti compensativi (es. uso della calcolatrice, del computer) e dispensativi (es. interrogazioni programmate, tempi più lunghi per finire un compito), come previsto dalla legge (n. 170/2000).

Questo comporta una collaborazione con la scuola, anche per l’eventuale definizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI), che consente ai docenti di adattare il percorso didattico alle reali potenzialità dell’alunno in difficoltà.

Dislessia: dove fare il test

I ragazzi e le loro famiglie hanno bisogno di avere una risposta tempestiva ai loro dubbi. Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ha fatto sapere con CM del 06/03/2013 che il Servizio Sanitario Nazionale ha difficoltà a rilasciare tempestivamente le certificazioni. I genitori che si rivolgono alle strutture pubbliche sopportano in molti casi un’attesa di oltre sei mesi, riuscendo solo verso la fine dell’anno scolastico a ottenere la certificazione DSA per i propri figli, che così restano troppo a lungo senza le tutele cui avrebbero diritto.

Per questo, il consiglio è di rivolgersi a strutture private accreditate dalla ASL, che permettono di ridurre notevolmente i tempi di attesa e garantire lo stesso rigore e la stessa scrupolosità del Servizio Sanitario Nazionale.

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