In molte situazioni della quotidianità ci capita di assistere a scene di bambini incapaci di perdere e di accettare una sconfitta, che vivono con delusione, e spesso, troppo spesso con rabbia.
Che cosa intendiamo per sconfitta?
Secondo i nostri studi esistono diverse sfumature del significato di sconfitta in relazione alla realtà di un bambino. Abbiamo analizzato le più diffuse e ne abbiamo ricavato consigli operativi per insegnare ad un bambino il valore del saper perdere.
Innanzitutto dividiamo la sconfitta in due macro-aree:
- la prima riguarda il saper perdere in una competizione sia sportiva che scolastica,
- la seconda, molto più frequente, comprende tutti quei capricci che si manifestano ogni qualvolta il bambino non ottiene ciò che desidera.
Nelle nostre osservazioni sul campo abbiamo inoltre notato che i bambini di sesso maschile sono più propensi a vivere male l’insuccesso di una competizione, le bambine sono, invece, più sensibili di fronte al cosiddetto brutto voto. Per entrambi vige lo stesso regime per quanto concerne i capricci.
Capricci? No grazie.
Per insegnare a gestire la frustrazione che ogni bambino prova nel momento in cui non ottiene ciò che vuole, è necessario avere un atteggiamento che sia di base risoluto e fermo, e soprattutto costante. Capita infatti che ai bambini la si dia vinta perché si arriva allo sfinimento, proprio per questo dobbiamo essere fermi nella nostra posizione. E questo deve accadere sempre. Se un bambino vuole una cosa, abbiamo il dovere di insegnargli che se la deve in qualche modo guadagnare e che ci sono altre cose che non è possibile avere. Per esempio se siete in giro a fare spese e poco prima di pranzo il bambino manifesta il desiderio di mangiare un dolcetto o delle patatine fritte, voi gli spiegate che state per andare a mangiare e che quindi non è il caso. Cosa dovete fare se dopo questa spiegazione il bambino comincia a fare i capricci? Innanzitutto non dategli considerazione e andate avanti a fare le vostre spese coinvolgendolo, facendogli spingere il carrello o nella scelta di un prodotto. Se questo non risultasse efficace, perché il bambino è già stato abituato a vincere, arrivate ad interrompere le vostre spese per riportarlo a casa, senza mai mostrarvi nervosi o arrabbiati anzi, con calma e serenità. In questo caso il messaggio chiaro che arriva è che quando un adulto dice no, non vale la pena fare i capricci altrimenti non solo non si ottiene ciò che si vuole, ma si perde anche ciò che si aveva già.
Quando la sconfitta arriva in una competizione, cosa fare?
In tutti i colloqui di psicoterapia che mi sono trovata ad affrontare in questi anni, ho riscontrato un dato molto rilevante in merito a questo argomento: l’intervento maggiore che si deve affrontare è relativo al comportamento dei genitori. Nessun bambino nasce con la predisposizione alla sconfitta, ma nemmeno con il desiderio di vittoria a tutti i costi. Quindi per prima cosa se volete insegnare ai vostri figli il valore di una sconfitta, dovete chiedervi se voi questo valore lo riconosciate.
Al 99,9% se il vostro bambino non sa perdere voi ne siete i responsabili. Durante alcuni corsi di formazione promossi dallo studio Salem, mi è capitato di incontrare allenatori di squadre giovanili che mi hanno raccontato episodi a dir poco inquietanti. Si parlava di genitori che incitavano i propri figli ad avere comportamenti scorretti e a volte violenti, pur di riuscire a vincere. Capite bene che questo è un atteggiamento deleterio per un bambino che, anziché divertirsi, gioca in uno stato di stress fortissimo. Quindi incoraggiate vostro figlio soprattutto quando sbaglia, incitatelo a divertirsi, a sorridere e premiatelo nello stesso modo sia che vinca sia che perda. Gratificatelo e insegnategli che c’è sempre una prossima volta, nella quale potrà avere un risultato diverso.
Mi raccomando siamo noi adulti ad accettare per primi la sconfitta nostra e di nostro figlio.