Alcune riflessioni sull’essere giovani e sulla percezione che ne hanno gli adulti, sempre più impegnati a parlare di loro e meno a parlare con loro.
Sempre più spesso balzano agli onori della cronaca fatti incresciosi che hanno come protagonisti attivi i giovani. E la lista degli eventi negativi che li vedono come protagonisti è, purtroppo, lunga e variegata: bullismo, furti, spaccio, autoisolamento, emarginazione, vandalismo, sexting, omicidi, suicidi, autolesionismo e tanto altro ancora.
In tutti questi casi, l’opinione pubblica è solita andare a pescare le risposta alle mille domande sui i motivi che spingono ragazzi e ragazze a compiere tali gesti, all’interno del vasto bacino dell’essere giovani: «I giovani d’oggi sono tutti uguali», «Ormai i giovani sono tutte delle mele marce», «I giovani non sanno più come divertirsi», «I giovani…» e potremmo andare avanti all’infinito.
Sembra, ormai, che per la nostra società all’essere giovani si abbini, in automatico una negatività di base per cui ci si aspetta sempre che qualcosa di increscioso accada. Questo a causa della famiglia che «non è più quella di una volta», di un sistema scolastico che «va a rotoli», della «crisi dei valori», della precarietà che «affligge i nostri giovani». È inutile girarci intorno: sono proprio questi i discorsi che si sentono spesso intorno all’universo giovanile. Nonostante tutto questo, i veri responsabili di quanto accade, sembrano essere sempre i giovani.
Purtroppo ci dimentichiamo troppo spesso che la società siamo noi e che anche la famiglia e la scuola siamo noi – per cui, realisticamente, potremmo essere anche noi la causa della crisi dei valori e della precarietà.
Quello che chiedo spesso ai miei pazienti (o ai loro genitori) quando sento discorsi simili è se sono sicuri che “demonizzando” l’essere giovani non stiano cercando degli alibi a delle loro presunte mancanze – magari sentendosi responsabili di colpe che non si hanno, ma che si crede di avere.
Essere giovani non vuol dire inevitabilmente vivere un disagio, perché la gioventù è un insieme di singoli individui, ognuno differente dall’altro – con alle spalle un vissuto differente; con interessi, inclinazioni, caratteri differenti.
Ogni giovane ha la propria identità, le proprie contraddizioni, le proprie aspirazioni – ogni giovane ha alle spalle un percorso di formazione/educazione differente, fatto di famiglie differenti, valori differenti, approcci scolastici differenti.
Prima di parlare dei giovani, per interpretare eventuali disagi, è indispensabile, allora, parlare con loro; aiutarli a esprimere le proprie emozioni e i propri turbamenti; osservarli attentamente per cogliere anche le loro richieste inespresse.
Molti oggi parlano dei giovani; ma non molti, ci pare, parlano ai giovani – Papa Giovanni XXIII
Perché l’unico modo per aiutare i giovani ad essere giovani è di far percepire loro la nostra presenza sempre (anche in maniera discreta). È importante per loro sapere che c’è e ci sarà sempre spazio per essere ascoltati e compresi. È importante per loro sapere che c’è e ci sarà sempre qualcuno al loro fianco. E che non serve cercare la propria serenità e la propria soddisfazione chissà dove e chissà come: serenità e soddisfazione possono essere sempre vicino a loro.