Dipendenza da smartphone: come uscirne?

La dipendenza da smartphone ha portato a cambiare notevolmente i rapporti umani, anche solidi. Ma c’è un modo per disintossicarsene gradualmente: si chiama downshifting.

Lo smartphone provoca dipendenza tecnologica, o meglio, sono le azioni a esso legate che la provocano, come il bisogno compulsivo di controllare l’arrivo di messaggi, di mail e di controllare in ogni momento ciò che fanno le persone sui social network. Si tratta di un’intossicazione digitale che ha portato a cambiare notevolmente i rapporti umani, anche quelli più solidi e intimi.

La ragione della dipendenza da smartphone va ricercata innanzitutto nel ‘bombardamento’ di stimoli ai quali le persone sono sottoposte in ogni momento della giornata. In una società iperconnessa come la nostra, la comunità si scambia continuamente messaggi, scritte, immagini e video, per cui si tratta di un’operazione di dare e ricevere continua, priva di stacchi temporali.

Ecco quindi che una buona fetta della popolazione mondiale è stata classificata come composta da «dipendenti tecnologici non patologici». Tale categoria è stata definita da uno studio del Mental Health Center dell’Università di Glasgow e vi rientra il 59% della popolazione, quindi molto più della metà.

Ma come disintossicarsi dalla dipendenza da smartphone?

C’è chi sceglie le misure drastiche e quindi si isola tecnologicamente per lunghi periodi, anche per anni, e chi sceglie di attuare un percorso più dolce, chiamato in gergo downshifting. Si tratta della pratica di allontanarsi, di uscire dall’uso delle tecnologie per un tempo breve, analizzandone l’uso in modo profondo per quindi rientrare in modo più intelligente e consapevole nel ‘circuito’.

Il downshifting inizia con un’analisi della propria dipendenza da smartphone, forse la parte più complessa perché, come ogni problema, è sempre difficile accettare di averlo. Ecco che la presa di coscienza interessa la mole di tempo spesa davanti al monitor dello smartphone, non certo per lavoro ma nel tempo libero. A ciò si affianca la frenesia che si prova quando arrivano messaggi, la volontà di leggere ogni mail, anche le più inutili, e quindi di rispondere in tempo reale. Si tratta di un’iperconnessione che va provata in ogni istante del giorno e della notte e solamente valutando l’impatto di questi fattori è possibile capirne la portata.

A ciò segue il processo di allontanamento, che può basarsi su una tabella di marcia più austera, quindi sull’auto-imposizione di visitare certi social per un certo numero di volte al giorno, disattivando ogni notifica ed evitando di frequentare discussioni che innalzerebbero la mole di tempo spesa all’interno di questi canali. A questa abitudine segue la lettura della posta elettronica che deve essere fatta in un certo momento della giornata e anche la pratica di evitare di rispondere a certe mail alle quali non c’è bisogno.

La disintossicazione da smartphone si basa fondamentalmente sulla ricerca di un tempo nuovo e fresco da dedicare ad altre operazioni e ad altre attività, come le chiacchiere, il proprio hobby, la frequentazione delle persone care.

In altri termini, meno tempo attaccati al telefonino = più tempo da dedicare alle persone.

In questo modo si cerca di attivare un percorso che metta in risalto altri concetti, come il piacere di condividere, di stare assieme, di toccarsi e di provare sensazioni che non siano prettamente virtuali. Si tratta di un percorso in molti casi difficile, in quanto la spersonalizzazione propria degli strumenti tecnologici rende tutto più facile, mentre sappiamo bene quanta delicatezza e attenzione serva nei rapporti umani!

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