La nostra memoria è una sorta di àncora esistenziale. Grazie ad essa possiamo ricordare le nostre esperienze ed evolverci anche in base ad esse. La nostra mente tende a conservare ciò che può essere utile per evolverci e, soprattutto, raccoglie i momenti della nostra vita come se fossero tanti capitoli di un libro.
Dei vari sottogruppi che compongono la nostra memoria, quella autobiografica è quella che si dedica proprio a questo: farci rievocare eventi appartenenti alla nostra vita e alle esperienze dalla nostra infanzia ad oggi.
La memoria autobiografica nei bambini
Lo sviluppo della memoria nei bambini può essere collocato ad un’età molto precoce: bambini di pochi mesi sono in grado di ricordare una serie di movimenti e di riproporli a distanza di tempo.
Per quanto riguarda la memoria autobiografica invece, nel corso degli anni si sono susseguite molteplici teorie che hanno cercato di inquadrarne l’età di comparsa. Verosimilmente il primo “ragionamento autobiografico” arriva nei primi anni di vita del bambino, quando quest’ultimo riesce a rielaborare qualcosa che ha vissuto e a raccontarlo.
L’abilità dei bambini di poter rievocare le proprie esperienze è molto importante, in quanto rappresenta il raggiungimento di una nuova tappa cognitiva. Il bambino non vive più solo di esperienze momentanee ma rielabora e rievoca ciò che gli è accaduto, iniziando a inserire questi episodi nei famosi “cassetti” della memoria autobiografica.
Come stimolarla
Senza addentrarci in nozioni prettamente psicologiche e dibattiti tra correnti di pensiero risulta ormai comprovato il fatto che il nostro sviluppo cognitivo, secondo la teoria ecologica dello psicologo statunitense Urie Bronfenbrenner, dipende da diversi fattori. Il temperamento innato del bambino si relaziona con l’ambiente circostante. A partire dalla relazione mamma-bambino e dalle dinamiche relazionali, più il bambino cresce più impara a relazionarsi con ambienti ed eventi esterni. Queste dinamiche possono contribuire ad un suo sviluppo più o meno funzionale.
Per quanto riguarda lo sviluppo della memoria autobiografica è stata evidenziata una correlazione tra lo stile comunicativo genitoriale e lo stile narrativo del bambino.
I genitori più “diligenti” descrivono in maniera approfondita e ricca di dettagli gli episodi del passato e, quando ascoltano i figli, tendono a porre diverse domande per aver spiegazioni riguardo alle parti poco chiare del racconto, colmando le lacune presenti nelle storie, spesso raccontate parzialmente dai bambini. Diversamente, genitori meno attenti allo stile comunicativo tendono ad essere ripetitivi e rimangono su un piano discorsivo superficiale, cambiando spesso l’argomento e non preoccupandosi di arricchire i racconti dei figli.
Stimolare i bambini a comunicare
Pertanto è importante che i genitori, come i nonni, stimolino i bambini a comunicare. Più un bambino racconta, più riesce a pensare e, quindi, a ricordare. Un genitore potrà dunque dedicare dei momenti nel raccontare la storia famigliare al proprio figlio, raccontando, ad esempio, dettagli relativi alla sua nascita o alla primissima infanzia. Questa buona prassi può anche diventare una valida alternativa della favola della buonanotte, proprio perché sono i bambini stessi che ricercano una base sicura sulla quale poter costruire i primi mattoni della loro memoria personale.
Stabilire l’età di comparsa della memoria autobiografica ha infine un grande valore, non solo teorico, ma pratico, in quanto applicabile in campo forense. Questa informazione consentirebbe infatti un maggior controllo della veridicità delle testimonianze di bambini, per quanto concerne traumi e violenze subite.w